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“Don Peppino”, una vita per il mare

Ditgprocida

Ott 14, 2012

Franco Ambrosino | L’oro di Procida sta nelle mani e nell’intelligenza di quanti ” costretti” dalla necessita’ si “industriano” per trovare, con cio’ che hanno a disposizione, la loro strada. L’ incontro con Peppino Righi e’ di quelli che riconciliano con il proprio lavoro, le proprie fatiche, perché quando l’incontri e lo senti parlare del suo lavoro e delle sue passioni ti trovi difronte a una storia  di una straordinaria normalita’. Nonno marchigiano insegnante di musica al carcere padre marittimo e lui appena terminati gli studi professionali e la scuola meccanica, nonostante l’invito dei suoi insegnanti  rivolti alla madre di farlo continuare a studiare, sceglie senza indugi la via del mare, o sarebbe meglio dire del ” lavoro ” . ” non mi e’ mai pesata quella scelta, era obbligata dalla necessita di venire incontro ai bisogni familiari, mio padre arrivo’ a fare imbarchi anche di tre anni e non era facile trovarne un altro in breve tempo e poi io già avevo la passione del mare…”. Sistemate le cose in famiglia, si sposerà poi a 33 anni e costruirà ‘ la sua personale comunità familiare. La passione fin da piccolo ( appena poteva correva sulle imbarcazioni ormeggiate nel porto e vi passava ore e ore senza accorgersene e senza neanche dare notizie, come quella volta che scompari’ per quasi un giorno intero, allarmando un intera comunità , quando lui semplicemente era li’, sui ” bastimenti” fantasticando chissà quali avventure) lo porterà anche a coltivare quello che poi sarà un suo segno distintivo: il modellismo e il collezionismo navale. Entrare nel suo piccolo laboratorio stracolmo, e’ come entrare in un piccolo santuario, con alcune reliquie, timoni, ancore, bussole e sopratutto i capolavori artigianali ( ” ho impiegato due anni per costruire il Titanic” ) e mi indica subito l’Andrea Doria, con uno scafo che e’ un pezzo unico sagomato dal padre e che lui poi ha completato. Veri capolavori d’artigianato, ” vedi” mi dice, ” l’elica non può essere semplicemente incollata, occorre creare il supporto , fillettarlo, farlo fuoriuscire dal retro dello scafo e avvitarvi l’elica”, così come le tubazioni, non si possono incollare, ” si devono creare gli anelli dove farli passare e fissarli alle parti dello scafo”. In quel momento gli occhi si illuminano e mi fa vedere bastimenti, disegni ( ” che non sono mai completi” ) attrezzi, non c’è una porzione di parete che non sia occupata da arnesi di vario genere e ancora cassetti con chiodini, viti, dadi, fili, colle, vernici e altro ancora. Un quadro con cinque foto , i suoi strettissimi familiari, a testimonianza di un legame che va oltre la vicenda terrena di ciascuno di essi. ” Dalla prima esposizione, di qualche anno fa, che feci nel circolo, tanti marittimi hanno iniziato e coltivata la stessa passione, Coppola, Michele di Costanzo e altri ancora…”. C’e stato un interesse della scuola perché mostrasse agli studenti la tecnica del traforo, ma non se ne fece più nulla. Eppure mi conferma che questi manufatti hanno anche un valore economico ( ” mi hanno offerto 12.000,00 euro per il Titanic, ma ho detto di no, per me ha un valore affettivo incalcolabile, ci ho lavorato anche 16 ore al giorno” ). Anche secondo il suo parere ci sono mestieri che andrebbero recuperati, su tutti i maestri d’ascia, ne avevamo di validissimi fino a meta degli anni ’60, oggi si va a Torre del Greco. Impegnato anche sul fronte della testimonianza delle vicende di mare procidani, la raccolta di immagini di bastimenti ( sono quasi 200) ed ancora la raccolta e la  costante riproposizione, attraverso un’esposizione annuale, della triste vicenda della Marina d’Equa ( il mercantile affondato nel 1981  nel mare di Guascogna, dove persero la vita 30 marittimi, tra cui anche procidani). Ancora una volta, Peppino sarà in esposizione con i suoi modellini e quelli di altri procidani, in una mostra presso il Circolo dei Marinai, in occasione della manifestazione Mare Nostrum , che si terra’ a partire da venerdì 19 ottobre prossimo, per tre giorni a Marina Grande. I suoi figli hanno percorso altre strade, ma lui rimane convinto che sia il mare che ti consente di costruirti la famiglia. ” Ho fatto imbarchi che sono durati fino a 27 mesi…quando l’armatore mi propose di andare in cantiere a ritirare la nave, gli dissi di no, io volevo navi che si fermassero in mezzo al mare, perché il mestiere va rubato e quando, terminato l’imbarco, passavo per la sede dell’armatore, trovavo subito il premio”.

5 commenti su ““Don Peppino”, una vita per il mare”
  1. GLI ALTRI LITIGANO SU TUTTO
    E VOI AVETE INZIATO LA CAMPAGNA ELETTORALE, ZITT ZITT…
    COMPLIMENTI A PEPPINO RIGHI UOMO CHE CONOSCO FIN DA GIOVANE, PERSONA PER BENE E BRAVO MASTRO D’ASCIA….

  2. Carissimo Peppino, sono veramente contento di questa tua intervista. L’ho letta proprio volentieri e ho provato grande soddisfazione nell’averti conosciuto; ma soprattutto grazie di quello che sei e di quello che fai in tanti ambiti della vita isolana. Grazie per la generosità del tuo impegno e della tua collaborazione nella vita parrocchiale e come Superiore della Congrega cosiddetta dei ‘Rossi’. Continua a mantenere alto l’onore di tantissimi uomini di mare di ieri e di oggi. Don Lello.

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