• Sab. Lug 19th, 2025

TGPROCIDA

Raccontare il presente, capire il futuro

Editoriale: Terra Murata, non rubateci il futuro!

DiRedazione Procida

Mag 24, 2025

Sebastiano Cultrera – Da tempo scrivo del degrado politico, anche nella nostra isola, ridotta a uno scenario di vendette private. E ha ragione un amico: “Guelfi contro Ghibellini” non rende l’idea. È in atto una lotta senza quartiere, che somiglia più a una faida familiare tra i Montecchi e i Capuleti, di shakespeariana memoria. Le persone, anche le più miti, sono travolte dagli eventi. Gli amici, operatori e operatrici culturali che lavorano – e gestiscono, nella precarietà – alcuni beni culturali dell’isola, in particolare quelli di Terra Murata, Castello d’Avalos compreso, meritano, tutti, soltanto il ringraziamento della comunità per la passione e la dedizione con cui riescono ad avvicinare tanti turisti e visitatori alle bellezze della nostra storia e tradizione. Chi li ha messi “in mezzo”, considerandoli “carne da macello” nella sfida senza esclusione di colpi tra le tribù desiderose di contendersi il potere, è doppiamente ingeneroso.

Ma, come al solito, la ferocia della politica belligerante è capace di guardare soltanto il dito, dimenticando che quel dito indicava la Luna. Di cosa stiamo parlando?

Stiamo parlando di uno dei beni immobiliari e culturali più importanti del Golfo di Napoli: oltre 20mila metri quadrati coperti e un ettaro di terreno annesso, situato nell’acropoli dell’isola di Procida. Si tratta di una zona gravida di Storia e di testimonianze lasciate dai secoli. Un patrimonio unico, che racconta la nostra identità.

L’attuale amministrazione ha fatto bene a cercare di “aprire”, nei limiti del possibile, quegli ambienti e a fare sì che i procidani sviluppassero un sentimento di inclusione verso questa parte del territorio, un po’ dimenticata nei decenni del penitenziario. Ma non basta. L’acropoli di Terra Murata – dall’abbazia (col suo borgo medievale) alla piazza d’armi, dal Palazzo rinascimentale alle costruzioni del carcere borbonico – è un insieme unico, formatosi nei secoli successivi, e che per oltre mille anni ha rappresentato il centro nevralgico dell’isola. Va recuperata quella centralità. Quel patrimonio deve essere reinserito organicamente nel tessuto sociale ed economico della nostra comunità.

Ma le tribù politiche sono ferme al dito: desiderano soltanto gestire un po’ di clientelismo prêt-à-porter, in un senso o nell’altro. Temo che il “Grande Disegno” di chi fa opposizione sia persino peggiore del male: sostituire una clientela con un’altra o, comunque, continuare a trattare questo bene come una risorsa da centellinare e da “distribuire” a destra e a manca.

Ma attenzione: mentre i tifosi delle due fazioni si accapigliano, incombe il rischio più grande: quello di perderlo definitivamente, quel bene!

Nel 2027, infatti, scadrà il termine per la realizzazione del Piano di valorizzazione concordato con lo Stato, indispensabile per la cessione del bene al Comune. A che punto siamo? Purtroppo, siamo all’anno zero. Naturalmente, nessuno dei forzuti belligeranti sembra preoccuparsi del problema: a loro importa soltanto combattere per sottrarre il dito al “nemico” o, viceversa, per tenerlo nelle proprie mani. Ma quel dito esiste perché esiste la Luna: serviva a indicare una prospettiva che, se ben organizzata, può diventare la base del futuro per i nostri giovani. Non c’è più tempo da perdere. Ogni giorno che passa è un passo verso il fallimento, che riguarderebbe l’intera comunità.

Anche il Sindaco sembra ignorare il problema. Dice che, tramite le visite, sta facendo piccoli interventi e ciò gli rende merito. Ma dobbiamo essere onesti: non stiamo parlando del Palazzo d’Avalos, bensì delle rovine del palazzo, in parte precarie. E con quei “miseri” proventi delle visite rimarrebbero rovine per secoli, ancora.  Ma arriva a vantare che le azioni fatte, sono non solo virtuose, ma sono diverse dalle “chimere” di chi pensa, realmente, alla valorizzazione dell’intero complesso, come previsto dagli accordi firmati con lo Stato. Ed ecco il paradosso: lo stolto sarebbe chi guarda alla Luna!

Ebbene, mettetemi pure tra gli stolti! Continuo a pensare che l’intero complesso meriti di tornare a essere il cuore pulsante dell’isola e di recuperare la sua vocazione principale: quella che la nostra tradizione marinara ci ha consegnato. L’esaltazione della cultura e delle professionalità legate al mare dovranno essere il fulcro portante della valorizzazione della zona. L’impresa, che dovrà avere anche una sostenibilità economica (come giustamente richiesto dallo Stato), dovrà essere orientata all’Economia del Mare. Questa è la opportunità irripetibile per trasformare il passato in una risorsa concreta per il futuro.

I tempi sono maturi. Rivolgo quindi un appello a tutta la classe dirigente procidana: mettete da parte le bagatelle e tornate a pensare “in grande”, o almeno in linea con la nostra grande tradizione e storia culturale, economica e sociale.

Lascia un commento