Leo Pugliese – Certe assenze pesano come macigni sull’anima. E oggi, l’isola piange la scomparsa di Giacomo Retaggio, medico, intellettuale, amico. Un uomo che non era solo un punto di riferimento per la sua professione, ma un faro acceso nel mare spesso agitato della nostra comunità. Con lui se ne va un pezzo di storia, un tassello di memoria collettiva che nessuno potrà mai davvero sostituire.
Non era solo il medico della mia famiglia, era anche un lontano parente: sua nonna e la mia bisnonna erano sorelle. Un filo di sangue ci univa, ma il nostro legame andava ben oltre la genealogia. C’era un’intesa fatta di rispetto, di stima reciproca, di quelle chiacchierate che, con il tempo, si erano trasformate in un appuntamento irrinunciabile.
Giacomo Retaggio non era solo un medico. Era uno studioso, un osservatore attento della vita, un uomo che sapeva ascoltare e consigliare con la saggezza di chi ha vissuto tanto e ha letto ancora di più. Lo ricordo nel suo studio, con il sottofondo discreto della musica classica a riempire il silenzio. Scriveva ricette con la precisione di un orologiaio e dispensava consigli con la generosità di chi sa che la conoscenza è un dono da condividere, mai da trattenere.
Poi, con la pensione, il suo rifugio divenne il “salottino degli intellettuali” del Bar Roma. Ogni mattina, come un rito sacro, lo si poteva trovare lì, una tazza di caffè tra le mani e lo sguardo acuto di chi non si limita a guardare, ma vuole capire. Discutere con lui significava immergersi in un mare di riflessioni, dove ogni onda portava con sé un dubbio, una provocazione, uno spunto di pensiero critico.
Negli ultimi anni, quando la salute ha iniziato a farsi fragile, i nostri incontri si erano trasformati in telefonate. Puntuali, quasi come un appuntamento scritto nel destino. Ogni settimana, verso le 16.30, il cellulare si illuminava: Giacomo Retaggio. La sua voce, ancora vibrante nonostante il tempo, mi chiedeva delle novità dell’isola, dei fatti del mondo. Sempre curioso, sempre assetato di conoscenza, sempre pronto a offrire un punto di vista che andava oltre la superficie.
Ora quel telefono resterà muto. E il silenzio che lascia è assordante.
Cosa mi mancherà di lui? Tutto. Mi mancheranno le sue parole, le sue intuizioni, il suo modo di mettere in discussione le certezze. Mi mancherà il conforto di sapere che, al bisogno, avrei potuto alzare il telefono e chiedergli: posso prendere questo o quel medicinale? Ma soprattutto mi mancherà il privilegio di ascoltarlo, di imparare ancora qualcosa da lui.
Oggi è difficile accettare che Giacomo Retaggio non ci sia più. Sembra impossibile pensare che un uomo come lui possa svanire nel nulla. Ma forse, in fondo, non è così. Perché ricordare significa non lasciare andare davvero. Significa far vivere per sempre chi ci ha lasciato, attraverso le parole, i racconti, gli insegnamenti che ha saputo donarci.
E allora, Giacomo, continueremo a parlarti, a evocarti nei nostri discorsi, a cercarti nei dettagli delle cose che amavi. Perché un uomo come te non si spegne mai davvero. Resta inciso nella memoria, come un’eco che non si estingue. Come un faro che, anche da spento, continua a indicare la strada.