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TGPROCIDA

Raccontare il presente, capire il futuro

Editoriale : « La storia siamo anche noi»

DiRedazione Procida

Apr 1, 2022

Porfilio Lubrano Lavadera – Comunque semplice – e persino qualunquistico – potrebbe apparire il discorrere di interezza e di integralità se caso e causa non avessero almeno un rapporto di pertinenza, inspecie qualora lo si facesse in termini svincolati da un argomentare esulo dall’epicentro che, in quanto tale, implichi merito pragmatico, in modo da evitare che cause ed effetti potrebbero rischiare di perdere l’originale senso di completarsi e compenetrarsi vicendevolmente, giungendo a garantire ciò che è certezza – o quantomeno forte probabilità – nell’accadimento della continuità storica. Cosi ambiti e/o situazioni di vita risalenti e consolidati potrebbero sgretolarsi laddove non ci fosse almeno una adeguata memoria storica che quantomeno le raccontasse ancora, con la forza da incoraggiare la speranza a conservarli – se non proprio intatti – almeno a discorrerne del senso più ampio che ne regala appartenenza viscerale ad un profilo identitario talmente radicato e consolidato che potrebbe legittimarsi di crescendo intrinsecamente, ex se, come giungere – persino – a valorizzarsi autonomamente, senza rischiare – dunque – di impelagarsi in reconditi rischi da troppa generalizzazione per situazioni variegate eccessive, o presunte tali, comunque districarsene andrebbe a risultare parecchio difficoltoso e limitativo. Cosi il caso può divenire – già solo semplicemente causa – riflettendosi sulla spontaneità di ciò che va ben oltre l’incompiuto per inadeguate consapevolezze, oppure lo stanco di ripetersi a mò di mera “ minestra riscaldata “, o peggio di consapevole/rodato anacronismo. Con tale stato d’animo incontro ancora una volta l’amico Salvatore Lauro, ad idioma di saggio intendimento di legittimare il senso di una transizione sin già dall’ epiderma di classi generazionali che sembrano essere andate in desuetudine quanto ad – almeno – alcune arti, mestieri e professioni ; cosi “ a pelle “ non rimugino più di tanto, cercando da subito di addentrarmi nel senso più profondo di una sintesi che mi riporti – già solo quindi per il piacere di reincontrare casualmente Salvatore Lauro – come a reincontrare il senso di me quale generazione “ in bilico “ fra passato e futuro, come se il presente non esistesse neanche come attimo fuggente, talmente sia veloce la società frenetica che viviamo. Della cernita ermeneutica che riesco a fare nel quasi immediato, è quella di ricondurmi al profilo bucolico/agreste come a cercare di non sforzarmi per il brocardo “ come natura crea “ sia solo il tempo di una ambientazione contadina che di fatto quasi non esiste più, almeno nella percezione dei c.d. tempi moderni. Perciò in Salvatore Lauro incontro altresì la correlazione fra integralità ed interezza senza che la dispersione in frammentazione della serie “ salviamo il salvabile “, sia solo estrema ratio per evitare la mera utopia, l’astrazione deteriore/degenerata, bensì quindi invece almeno la espressione pragmatica di una consona conciliazione fra la evoluzione delle moderne tecnologie ed il tesoro del passato, inspecie in termini di maturazione di esperienze esemplari, vivida espressione di un presente che mira in avanti ma pur sempre guardandosi dietro, facendo tesoro delle esperienze passate, pure perché usi, costumi, tradizioni, consuetudini e prassi, in realtà  sono fonti non scritte del diritto a risiedere l’onore di essere e sentirsi procidani a 360 gradi, dunque pure dal profilo agricolo, senza mai sfigurare al cospetto di altre realtà – parimenti insulari – o continentali che siano. Pertanto anche il preservare, il tutelare come il valorizzare risorse inestimabili del passato ( ma pure già solo il ricordarlo alle generazioni più recenti, facendolo con dovizia di particolari e mirabile dettaglio esplicativo), trovano in persone come Salvatore Lauro espressione congeniale per una testimonianza senza tempo, proficua in quanto tale al punto giusto per essere memoria storica che si dispiega senza che sia solo un mero modello stereotipato di un filosofare da “ eterno ritorno dell’uguale” nicciano ( Nietzsche), oppure ad assimilazione da corsi e ricorsi storici vichiani; quindi comunque per evitare prospettive troppo generalizzanti e globalistiche, consentendo tutela proficua  alla giusta voce dell’autonomia identitaria di un territorio primigenio/originale ( senza dare troppo spazio a pensieri dissolvibili da mere elucubrazioni mentali), specialmente se semplice ed insulare come Procida e la sua ( peraltro notoria ) tradizione di ricchezza da indotto mare, ma anche quindi – stavolta proprio si, se la intende di pari dignità con quella, quantomeno ittica, come parimenti species del genus mare ad idioma da indotto/contenitore in accezione pregiativa della ampiezza ermeneutica che ne implica –  appunto pure agricola:  agricoltura e pesca ben legittimamente – peraltro – preesistevano alla modernità marittima ampiamente intesa nel tempo.  Con questa forma mentis, ho avuto il piacere di ospitare Salvatore Lauro nell’orto/giardino di casa mia, abbeverandomi alla sua fonte di erudizione agricola-contadina, cercando di istruirmi ancora di più come a retroagire quanto più è possibile, a ciò che – almeno – potrebbe desumersi dalla logica sempre più ispirata allo “ ex tunc “, ovvero di ciò che ci avrebbe significato in questa modernità del tesoro – ad esempio esemplare – dello stato brado, tanto specificatamente e retroattivamente continuando ad interloquire.  Cosi in questa piacevolissima chiacchierata senza  tempo, ancora saluto Salvatore, ringraziandolo sin già solo di aver arricchito “ l’ex nunc “ , per un altro presente più profondo di intendere il tesoro che ci hanno lasciato i nostri avi, le precedenti generazioni, fra cielo, mare e terra, il senso di noi , ovvero del coesistere in splendide realtà come la nostra amata isola di Procida che – anche grazie a Salvatore Lauro – ci fanno riscoprire ciò che non potrà mai essere dimenticato, senza dimenticare Procida nella sua interezza ed in quanto tale nel suo dispiego meraviglioso ( ordunque quand’anche benchè frammentato)  da senno del poi, mai domo di manifestarsi se non per apprezzarla ed amarla sempre un po’ di più. Con questo brio interiore, con questa vervès da identità in contezza spigliata che “ nella vita gli esami non finiscono mai “ ( in quanto tali con spinte generazionali da mentalità curiose ed interessate da un crescente entusiasmo per una conoscenza sempre più puntuale, organica e sistematica senza peraltro sfociare in presunzione),  a contatto sinergico con i tuoi sapienti innesti alle piante della conoscenza e del – connesso –  sviluppo agricolo,  ti saluto già solo virtualmente con una ulteriore stretta alle tue stesse “ navigate ” mani ( con cui condivido al massimo i “ calli “ ancora presenti anche nei miei palmi, a postumo-prova provata dei miei trascorsi da estrazione operaia a 360g, di cui vado fiero e ne sono orgoglioso )  che tanto hanno dato e danno ancora per la ricerca di altri tesori agricoli/bucolici, sicchè da ri-scoprire,  ovvero ad assimilazione del tuo semplice pascoliano modo di profondere passione, dedizione ed abnegazione alla causa del divenire nelle straordinarie bellezze di Procida, in fondo pure io ancora zappo , caro Salvatore , pur facendolo ormai solo a livello amatoriale, come ben sa, certo di potere continuare a contare sul tuo brillante contributo qualora mi accingo ad affinarmi in conoscenze più profonde della Procida agricola; a presto – dunque – Salvatore Lauro, per gli approfondimenti inevitabilmente insiti e connessi alla tua filosofia di vita, felice ancora una volta di ospitarti nell’orto/giardino del nostro crescere insieme in nome di una Procida sempre più ammirata nel mondo intero, cosmopolita intendimento di manifestarci di altro e crescente fiore all’occhiello da lasciare ricordo/testimonianza inossidabile che LA STORIA SIAMO – ANCHE – NOI, per tutto il tuo essere te stesso coinvolgente per la nostra comunità, per tutti voi e noi altri quindi, specialmente se innamorati di Procida.   

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