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Procida sarà la prima piccola isola del Mediterraneo libera dalla zanzara tigre

DiRedazione Procida

Nov 11, 2022

Redazione – Attraverso l’uso di strumenti eco-sostenibili, come la tecnica del maschio sterile e con la partecipazione attiva della comunità locale. Con ricadute positive sul turismo e sulla prevenzione di epidemie.

Il progetto, inserito nel programma di Procida Capitale Italiana della Cultura 2022 con il titolo di “Scienza Aperta”, è stato ideato dal Laboratorio di Genetica e Controllo degli Insetti Vettori del Dipartimento di Biologia dell’università Federico II di Napoli. Semplice il meccanismo: effettuata un’analisi della densità e della distribuzione della zanzara tigre sull’isola, il team studia il numero ottimale di maschi sterili da rilasciare. Gli insetti di sesso maschile (e dunque non dannosi perché incapaci di pungere l’uomo), allevati in laboratorio e resi sterili con dosi controllate di raggi X, concorrono con gli individui fecondi, ridimensionando la riproduzione della specie indesiderata.

Ma per consentire al progetto di andare in porto i ricercatori hanno dovuto chiedere la collaborazione dei cittadini dell’isola. E per ottenerla hanno collaborato con il laboratorio di Nuove Tecnologie dell’Arte (NTA) dell’Accademia di Belle Arti di Napoli. Proprio così. Una serie di iniziative di arte relazionale co-create con gli abitanti hanno stabilito un sistema di ‘engagement’ della comunità locale che diventerà un vero e proprio “caso studio”: murales, ritratti 3D dei cittadini (attraverso tecnologie di scansione e modellazione, un procidano su tre è diventato una ‘statuetta’) e una grande festa collettiva hanno consentito di instaurare un rapporto di reciproca fiducia, tradotto nella piena partecipazione dei cittadini al progetto e nell’installazione – all’interno di giardini e orti – di 500 “gravitrappole”, dispositivi in grado di catturare le zanzare per la fase di censimento.

 Attraverso la Citizen science, i procidani coinvolti hanno inviato periodicamente ai ricercatori del Dipartimento di Biologia le immagini delle zanzare catturate, svolgendo così un vero e proprio “monitoraggio di comunità”. “Questo progetto ha messo insieme arte e scienza, coinvolgendo la popolazione e consentendo di raggiungere risultanti importanti nel campo della cosiddetta Citizen science, alimentando al tempo stesso il senso di comunità”, sottolinea Agostino Riitano, direttore di Procida 2022.

Nel corso della Notte Europea dei Ricercatori, organizzata a Procida nell’ambito della rete S.T.R.E.E.T.S. (Science, Technology and Research for Ethical Engagement Translated in Society), sono stati presentati al pubblico i risultati (parziali) del progetto: grazie alle cinquecento “trappole” collocate all’interno dell’isola, sono state catturate circa 90 mila zanzare, di cui 17.599 identificate. “Dati fondamentali per il prosieguo del progetto” spiega Marco Salvemini, docente di biologia alla Federico II e tra i referenti del progetto, che prevedrà nei prossimi mesi il rilascio in natura di maschi steri

Lo studio

Aedes albopictus, conosciuta anche come zanzara tigre, è oggi considerata uno dei principali insetti invasivi. Negli ultimi decenni questa specie si è diffusa a livello globale con il trasporto accidentale delle sue uova, attraverso il commercio di prodotti, quali pneumatici usati e piante ornamentali, come il Lucky bamboo (Dracaena sanderiana), spesso commercializzato in singoli rami con radici immerse nell’acqua. L’aspetto di questa zanzara è caratteristico: il corpo è nero a bande trasversali bianche, presenti sia sull’addome che sulle zampe, mentre sul dorso è presente una tipica striscia bianca longitudinale. Questa colorazione potrebbe però essere confusa dai non esperti con quella di altre due specie di zanzare esotiche invasive, anch’esse recentemente importate in Italia, nelle regioni del nord est, Aedes koreicus e Aedes japonicus, nelle quali però la colorazione del dorso è leggermente differente.

Presente ormai da oltre 30 anni, la diffusione in tutta Italia della zanzara tigre è da ricondursi alla spiccata plasticità ecologica di questa specie, che consiste nella capacità di deporre uova resistenti all’essiccamento e al freddo, nel poter compiere il ciclo di sviluppo larvale in piccoli contenitori con poca acqua stagnante e nella sua attitudine a pungere un’ampia varietà di ospiti, fra i quali l’essere umano.

L’intero ciclo di sviluppo di questa specie può durare da tre a otto settimane, a seconda della temperatura. Le uova possono schiudersi dopo 1-2 giorni, ma anche dopo molte settimane, essendo in grado di resistere alla siccità e al freddo. In ambienti urbani le femmine depongono le uova su substrati umidi, poco al di sopra della superficie dell’acqua, come le pareti di tombini e di piccoli contenitori di varia natura, se contenenti acqua.

Durante la stagione favorevole, i tempi di sviluppo degli stadi acquatici (larva di I, II, III e IV stadio e pupa) possono essere molto rapidi e questa fase può completarsi in pochi giorni. Subito dopo lo sfarfallamento, nei pressi del focolaio di sviluppo, si formano sciami di zanzare, all’interno dei quali avvengono gli accoppiamenti. I maschi e le femmine si nutrono di succhi zuccherini prodotti dalle piante, ma come avviene per altri insetti ematofagi, pochi giorni dopo lo sfarfallamento e la fecondazione, la femmina ha necessità di effettuare un “pasto di sangue”, cioè di pungere un ospite vertebrato, per poter maturare le proprie uova. Gli adulti sopravvivono in media per 3-4 settimane; le femmine, quindi, possono pungere più volte nell’arco della loro vita.

La zanzara tigre si riproduce in piccole raccolte d’acqua, sia naturali che artificiali. Queste ultime sono rappresentate da semplici contenitori, come secchi, annaffiatoi, sottovasi, lattine, ma anche dalle caditoie dei tombini per le raccolte delle acque reflue. Focolai naturali possono formarsi all’interno delle cavità degli alberi e delle piante o in pozze rocciose, in cui può raccogliersi l’acqua. Gli pneumatici usati e abbandonati all’aperto restano comunque gli oggetti più adatti alla deposizione delle uova e al loro trasporto accidentale tra continenti. Anche in Europa, come altrove, questa specie preferisce gli habitat urbani e suburbani.

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