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Raccontare il presente, capire il futuro

L’editoriale di Gino Finelli: Alla fine del percorso è tempo di bilanci

DiRedazione Procida

Nov 14, 2022

Gino Finelli – Manca appena un mese al termine dell’anno che ha visto Procida Capitale della Cultura Italiana ed è tempo forse di iniziare a pensare al futuro, a quello che è stato, a quello che avremmo voluto che fosse. Insomma è tempo di bilanci e di una riflessione attenta sugli accadimenti e su quanto rimane di questa grande esposizione mediatica.

Non vi è dubbio che è stato un anno positivo per l’Isola, definitivamente entrata nei circuiti internazionali del turismo e meta di visitatori provenienti da ogni parte del mondo. E non vi è dubbio che, dal punto di vista strettamente commerciale, per gli operatori del settore, ristoratori, albergatori, affittacamere di ogni genere, bar ecc. è stato un anno positivo con un notevole incremento economico, anche per l’implementazione, a mio avviso gratuita e incontrollata, dell’aumento dei prezzi. E non vi è dubbio che gli accessi hanno contribuito ad alimentare, attraverso la tassa di sbarco, le casse del Comune.

Dunque, solo per queste ragioni è stata una iniziativa lodevole e ampiamente produttiva per l’Isola.  Il turismo di massa ha preso il sopravvento su quello selezionato e le bandierine, con la folla di turisti in fila, spesso disordinati, ha invaso le stradine e occupate le spiagge. Improvvisamente ci siamo trovati per così dire a Iesolo, a Lignano Sabbie d’oro, o per rimanere al sud a Ischia, Sperlonga ecc. ecc. Per un anno abbiamo volutamente dimenticato che il fascino di Procida stava proprio nel suo “non turismo” nella sua infinita storia e nella sua capacità di aver mantenuto le sue caratteristiche e il suo immobilismo, trasformandola nei nostri tempi in un luogo unico, intatto, vero e lontano dal turismo massificato e volgare.

Arrivare a Procida significava da sempre respirare sapori e odori di mare e di terra, immergersi in una realtà che sembrava ferma nel tempo e provare quell’ armonia perfetta tra natura e uomo. Come scrissi qualche tempo fa, oggi abbiamo sostituito ai libretti di navigazione, presenti in ogni casa di Procida, i depliant di B/B o di piccoli alberghi e affitta camere. Abbiamo trasformato la Corricella che, a buon diritto, doveva essere inserita nel Patrimonio dell’Umanità, in un bistrot all’aperto maleodorante e privo del suo antico fascino che aveva ispirato troupe cinematografiche ad utilizzare l’isola come set.  Bellezza di luoghi che si fondeva in un perfetto equilibrio con la delicatezza e l’importanza della sua storia.

E allora in tema di bilancio la domanda che dobbiamo porci è: è stato un bene essere alla ribalta del mondo? E ancora: siamo stati capaci di conservare il nostro patrimonio e la nostra caratteristiche e di offrire al turista, oltre che le bellezze naturali, il racconto della nostra storia e delle tradizioni?

Oso dare una risposta senza entrare nel merito delle manifestazioni in programma per questo evento, che non sono state, a mio avviso, significative prevalentemente per non aver assolto alla logica del bando vinto e alla convinzione dell’ideatore di sviluppo sostenibile di un territorio  attraverso la cultura e  per non aver coinvolto la popolazione e  non aver tentato  l’integrazione della stessa nel progetto  

Ma una cosa è certa l’identità dell’Isola, quella che bisognava a tutti i costi preservare, la tutela dei suoi luoghi, i suoi pescatori, i suoi marinai con le loro storie, la sua gente, il suo singolare ed esclusivo apparente immobilismo, la sua aspra e gelosa identità, la sua fierezza, è stata violata, mortificata, facendoci annegare in un modello turistico deteriore e volgare senza prendere quelle drastiche e giuste decisioni per evitare di stravolgere un luogo di bellezza e di storia.

Scriveva Morten Krogvold, uno dei più grandi fotografi del mondo: “Il patrimonio di Procida ha la stessa importanza e la stessa universalità della foresta amazzonica e delle cascate del Niagara. È un bene dell’umanità”

Non può essere questo il nostro modello sostenibile e cioè il turismo di massa, utilizzando falsamente la leva culturale, per una infinita serie di ragioni. Per la mancanza di spazio, per l’enorme presenza di abitanti in un territorio di appena 4km quadrati, per la vicinanza alla terra ferma, per il consumo ulteriore di suolo già carente per l’abusivismo edilizio, ma soprattutto per essere questa terra di marinai, di gente di mare, con una sua cultura, una sua identità storicamente rilevante e significativa che ha contribuito, in parte considerevole, al progresso e sviluppo dell’umanità.

Procida è bella perché incute nel visitatore una aria di leggerezza e di serenità e induce la sera, con il calare del sole, a pensare e riflettere. Ed è questa la ragione che ha consentito ad intellettuali e scrittori di amarla e di mettere su carta le loro emozioni.

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