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TGPROCIDA

Raccontare il presente, capire il futuro

Un anno fa la casa di nonno Nicola andava giù. Ora restano solo erbacce e tanta rabbia

Ditgprocida

Nov 17, 2010

Pina Di Franco | Della splendida casetta immersa nel verde di Nicola Scotto di Clemente, ormai, resta solo questa targa: una piastra in ceramica dipinta a mano collocata sulle mura esterne della proprietà: un terreno nudo, raso al suolo dalle ruspe in quella tremenda notte di un anno fa.

Nicola Scotto di Clemente aveva una casa abusiva. Se l’era costruita, come tanti, con i sacrifici fatti sull’ “acqua salata”, dopo una vita trascorsa più a bordo che a terra.

Avevano gusto, Nicola e sua moglie, quello tipico di chi ama la terra e i suoi colori, le alchimie dei fiori e delle piante: all’ingresso un meraviglioso roseto; tutto intorno un giardino curatissimo, adornato da alberi da frutto carichi di primizie profumate.

Si era sparsa la voce, un passaparola in una comunità piccola in cui alla fine si conoscono tutti: pare che alla fine “abbatteranno”… La Procura della Repubblica di Napoli ha intimato la demolizione: “Stanno per arrivare più di cento Carabinieri, si muovono da Ischia e da Pozzuoli, pranzeranno da tizio, sono pronti a restare tutta la notte… Frattanto l’avvocato della famiglia sta cercando di guadagnare tempo”. Il ricordo di quelle ore concitate si fa per tutti doloroso.

Era grigio e umido anche un anno fa. La gente, accorsa per dare conforto alla famiglia e per protestare contro l’arrivo delle ruspe, aveva vegliato tutta la notte nel giardino di Nicola, e di buon mattino, all’arrivo di quell’immane spiegamento di forze dell’ordine in tenuta anti-sommossa, aveva preso a recitare un rosario.

Era una protesta pacifica. Non poteva essere altrimenti, perché la gente dell’isola non è solita alzare la voce. E’ una caratteristica di questo popolo, che ci tiene all’immagine, all’apparenza, che non è Pianura o altrove. In questo ed in tanto altro i procidani hanno civiltà da vendere, anche quando francamente non è il caso.

I militari dovevano portare a termine la propria missione: dare inizio alla demolizione, come da ordini confermati in itinere dalla Procura.

Uno strazio, quello che si sarebbe compiuto e si stava già consumando attraverso lo sgombero della casa da effetti personali, mobili, e tutto quanto potesse essere smontato e portato via, attenuato in parte solo dal buonsenso e dall’estrema umanità con cui gli ufficiali dell’Arma dei comandi di Ischia e di Napoli lasciarono alla famiglia il tempo di organizzarsi, di accettare l’idea di dover abbandonare la casa. Persone perbene che riconoscono altre persone perbene.

Nel cuore della notte, la telefonata: “Stanno demolendo”.

Dopo soli quindici giorni, un’isola ancora tramortita dallo shock, avrebbe assistito alla seconda demolizione, la terza forse in tutta la Campania: anche Nuccia Riccio e la sua famiglia avrebbero perso la loro prima ed unica casa, in zona Cottimo.

In attesa della definizione dei nuovi assetti politici regionali e dei successivi provvedimenti in materia, la Procura della Repubblica aveva sospeso l’esecuzione delle ordinanze di abbattimento. Ad oggi, però, giacché nulla è cambiato, nulla si è mosso e poco o niente è stato fatto a livello legislativo, nazionale e regionale, altre famiglie procidane ed ischitane, come quella di Nicola e di Nuccia, stanno vivendo il dramma di un esito incerto, drammatico, terribile, sperando di non essere gli unici a pagare il prezzo di una giustizia ingiusta, nell’attesa che qualcuno prima o poi faccia qualcosa. Purchè non sia troppo tardi, anche per loro.

Nelle foto la demolizione e cosa resta del terreno, ancora sottoposto a sequestro.

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