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“Zoom” di Raffaella Salvemini: Il ritorno dei Cossa a Procida. Brevi note su Giovanni XXIII. L’antipapa che salvò la chiesa.

DiRedazione Procida

Ago 18, 2020

Raffaella Salvemini – Come ogni estate, e aggiungerei nonostante tutto, c’incontriamo per parlare di storia e di Procida con il ruolo che ha avuto nel passato, direttamente o indirettamente. In occasione della presentazione del libro  di Mario Prignano, giornalista, capo redattore centrale del tg.1 e scrittore tra gli altri del libro dedicato a un suo antenato Bartolomeo Prignano, al secolo papa Urbano VI, Procida è solo sullo sfondo.

Baldassarre Cossa, Giovanni XXIII, l’antipapa, forse nato a Ischia, è il secondogenito di Giovanni e Cicciola Barrili, di quella famiglia Cossa che conservò il controllo di Procida e Ischia fino all’arrivo del marchese del Vasto nel 1529.  Nel libro c’è dunque anche la famiglia Cossa e proprio per questo con Nico Granito, assessore alla cultura di Procida, si è scelto di riportare nella locandina lo stemma della famiglia, ancora presente sull’isola sotto l’acquasantiera della chiesa di San Rocco. Certo non è la sepoltura realizzata per Baldassarre a Firenze dai Medici… ma è il segno della presenza di una famiglia importante per il destino dell’isola.  

Ma veniamo al libro. A discuterne qualche sera fa con l’autore ci sono stata io che sono una storica economica dell’Età moderna all’ISMed-Cnr di Napoli; uno storico economico del Medioevo dell’Università de l’Aquila, l’amico carissimo Amedeo Feniello; un giornalista Andrea Montanari già direttore del tg.1 e ora responsabile dell’ufficio studi della Rai, fondatore della libreria Nutrimenti e legato anche a Procida. Non mancheranno le letture affidate al carissimo Rino Vacca, la voce dell’isola, che leggerà per noi tutti alcuni brani tratti dal libro di Prignano.   

Comincio con alcune suggestioni sul libro che devo dire mi hanno colpito molto. Prignano con questo libro, pubblicato a seicento anni dalla morte avvenuta a Firenze il 27 dicembre 1419 di Baldassarre Cossa, papa Giovanni XXIII, l’antipapa, si propone non tanto di fare giustizia, ne di riabilitarlo, ma di certo fare chiarezza intorno alla vita di questo personaggio che ha fatto parlare tanto di sè. Prignano ha avuto il merito, come ricorda nella prefazione il cardinale Walter Brandmüller, di essersi allontanato dal mainstream intorno alla figura di Cossa, descritto a tinte fosche e colpevole di moltissimi reati, la cui condanna fu affidata a testimoni anonimi che raccontarono di tutto contro di lui in occasione della deposizione «per indegnità» da parte del Concilio di Costanza. Baldassarre appare come un uomo corrotto, avido, violento, sessualmente depravato e colpevole di ogni sorta di nefandezze. Prignano rileggendo quelle carte dei processi si accorge che manca, per così dire, una storia certa, nel senso di prove documentate e inconfutabili. Il libro non è una biografia celebrativa e agiografica ma è la storia di un  personaggio che opera a stretto contatto con la società del suo tempo, ne condiziona la politica, l’economia e naturalmente ne subisce le conseguenze. Baldassarre Cossa vive e opera in quel Quattrocento ricco e tormentato e direi rumoroso in cui si susseguono fatti sanguinosi ma anche grandi eventi destinati a segnare la storia della cristianità come la fine dello scisma d’Occidente (1378-1417) cui Cossa partecipò e contribuì al suo superamento. Non è un libro che si può definire veloce o breve, è suddiviso in 4 parti che prendono il nome di 4 luoghi, Pisa, Roma, Costanza e Firenze, quattro tappe determinanti nella vita del papa. E i capitoli sono ben 27! Di certo è un libro impegnativo ma è talmente avvincente che sarebbe stato un vero peccato sacrificare pagine ricche di particolari e di descrizioni che offrono al lettore la sensazione di assistere a quanto è abilmente descritto e raccontato. Come storica devo dire che è un libro oltre che denso di fatti, pieno di fonti e così nelle note e alla fine del testo ritroviamo una ricca bibliografia e gli archivi consultati di Firenze, di Venezia, del Vaticano ma anche tedeschi. Il racconto è da presa diretta e si ha l’impressione di ascoltare quelle voci che affollano le piazze, di sentire i rumori, di assistere alle rivolte, agli agguati, alle fughe, ai travestimenti, restituisce gli stati d’animo, gli ambienti, le situazioni in maniera vivace e realistica. L’idea di fondo è quella di ristabilire una verità storica su questo Papa vittima di una campagna denigratoria fortissima, con il ricorsoi a vere e proprie fake news.

Il nostro protagonista non compare subito sulla scena e così ci imbattiamo nel dramma dello scisma d’occidente con due papi a contendersi il titolo e cioè il cardinale veneziano Angelo Correr, incoronato con il nome di Gregorio XII e Pedro de Luna, che stava ad Avignone, chiamato Benedetto XIII cui si aggiunse nel concilio di Pisa del 25 marzo 1409 dopo aver decretato il tema della deposizione dei due papi, fu decisa una terza obbedienza con l’elezione di un nuovo papa, Pietro Filargis, papa Alessandro V. L’artefice di tutto ciò era stato l’allora potente cardinale di Bologna Baldassarre Cossa che non ebbe grandi difficoltà ad accedere al soglio pontificio dopo la morte improvvisa, si pensa ad avvelenamento di papa Alessandro V.

Ma chi era Baldassarre Cossa? Quali furono i rapporti con la sua famiglia? La sua elezione ebbe sulla vita dell’isola Procida? Sappiamo che fu eletto nel 1410 in pieno scisma d’Occidente, fu deposto a Costanza nel 1415 e morì nel 1419. Quando diventò papa, scrive l’autore, era un uomo sulla cinquantina, alto, robusto, dai lineamenti marcati, con un grosso naso e occhi grigi che sbucavano sotto folte sopracciglia, un profilo questo che molto probabilmente è tratto dal monumento di Firenze. Sulle origini veniva da una famiglia della piccola nobiltà di Ischia e baroni napoletani ascritti al seggio di Nido. La sua era una famiglia dedita alla marineria e pirateria, proprietaria di una flotta e al servizio dei sovrani napoletani. Grazie ai servizi resi alla corona e ai frutti derivanti da spedizioni spesso condotte senza troppi riguardi in lungo e in largo per il Tirreno, il nonno Marino aveva potuto acquistare l’isola di Procida da un nipote di Giovanni da Procida. I Cossa che governarono l’isola di Procida furono sette e cioè Marino, Giovanni, padre di Baldassarre, Michele, Pietro, Michele, Pietro e l’ultimo prima dell’arrivo dei D’Avalos un altro Michele. Baldassarre Cossa aveva cinque fratelli ed era figlio di Cicciola Barrili e di Giovanni Cossa, Governatore di Procida e ammiraglio filoangioino. Come secondogenito Baldassare fu avviato alla vita ecclesiastica, studiò teologia a Roma e Diritto a Bologna dove divenne sacerdote. Nella sua carriera forte fu l’influenza dei papi napoletani che si erano succeduti a Roma e cioè Urbano VI e Bonifacio IX, parente della madre. Nei rapporti con la sua famiglia non mancarono i conflitti- Baldassarre ebbe come amante la cognata di cui troviamo notizie nel paragrafo  Stupratore di vergini e sodomita.  Si trattava di Caterina Carbone, «avvenente» moglie del fratello Marino, nonché sorella del cardinale Francesco Carbone, che odiò Baldassarre. Sui contrasti tra i due fratelli c’è solo una confidenza fatta all’arcivescovo di Milano. Marino lasciò Bologna, sembrerebbe senza la moglie e vi fece ritornò solo quando Baldassarre diventò Papa Giovanni XXIII e lo nominò capitano della città di Todi. La famiglia poi non fu esclusa dall’intricata storia politico-militare. E così durante lo scisma suo fratello Gaspare detto «Aquilavera» conosciuto per le sue capacità e abilità in mare fu nominato capitano generale di tutta la flotta pontificia. Partecipò a molte imprese piratesche e non mancarono le sconfitte. Nel giorno stesso in cui Baldassarre Cossa fu eletto papa il 17 maggio del 1410 la flotta di Gaspare era partita da Marsiglia con sette grosse navi e venti galee per fermare uno dei nemici di papa Giovanni XXII e cioè Ladislao re di Napoli che voleva arrivare a Roma. La flotta di Gaspare si divise. Le sette navi aspettarono Ladislao mentre l’altra parte della flotta continuò con Gaspare per Napoli. Ma con una dura sconfitta e un vero massacro di uomini sei delle sette navi colarono a picco. Nel frattempo Aquilavera era giunto a Napoli con le venti galee, leggere e maneggevoli. L’isola di Procida divenne la sua base e da questa partirono i saccheggi nei territori fedeli a Ladislao come Policastro. La reazione di Ladislao nei confronti del papa Giovanni XXIII e di suo fratello non si fece attendere: l’isola fu sottratta ai Cossa e fu ordinato l’arresto dei fratelli Pietro, Marino e della madre Ciocciola imprigionati in Castelnuovo. Mentre la famiglia era in galera nel 1411 il papa nominò Michele, il minore dei suoi fratelli, capitano del mare. Finalmente nel 1412 Giovanni XXIII fece la pace con Ladislao riconosciuto come re di Napoli e dopo di lui i suoi eredi compresa sua sorella Giovanna. Come ricorda Prignano, Ladislao s’impegnava alla liberazione dei parenti di Cossa «maschi e femmine fino al quarto grado» ancora detenuti nelle prigioni napoletane, e la restituzione di Procida, «con terreni e castelli», ai nipoti di Baldassarre. Questa decisione avrà non poca influenza nei rapporti tra i Cossa di Procida e la regina Giovanna succeduta alla morte del fratello nel 1414. Già nel gennaio del 1419, mentre il papa era ancora vivo, la regina decise di ripagare i procidani e Michele Cossa per la loro fedeltà e per aver accolto il suo fedelissimo Sergianni Caracciolo. E così nel 1419 e poi nel 1420, quando ormai il papa era morto, furono concesse agevolazioni d’imposta, franchigie, immunità. Nel 1420 Michele Cossa fu nominato capitano a vita delle galee. Ancora nel 1422 l’Università di Procida ottenne ulteriori immunità e franchigie “tanto nel comprare, come nel vendere le loro mercanzie per mare et per terra, di dogane, falangaggi e ogni altra gabella imposta e da imporre secondo la concessione fatta dalla Regina Giovanna II”. Mi piace pensare che questi riconoscimenti, in termini di governo dei territori, forse ripagarono i fratelli e i nipoti napoletani della delusione di non aver ereditato nulla o ben poco da quell’illustre famigliare. Baldassarre era uscito di scena ma la sua famiglia continuò a governare l’isola ancora per un secolo e quei privilegi furono conservati anche dai D’Avalos. In definitiva per i Cossa esistono storie differenti che in alcuni casi s’intrecciano, in altri procedono parallele. E così da un lato c’è la vicenda dell’antipapa, dall’altra quella dei Cossa a Procida, di cui sappiamo ancora molto poco.    

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