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Procida: la mia isola felice, di Pietro Calabrese

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Set 29, 2010

 Mimmo Ambrosino – Pietro Calabrese, una vita per il giornalismo, direttore per decenni dei più importanti quotidiani italiani, ci ha lasciato il 12 settembre scorso. Il destino ha voluto che scrivesse il suo ultimo editoriale parlando di Procida, raccontandola alla sua maniera: ogni riga una notizia, un segreto rivelato, salutando cosi i lettori “Mi ringrazierete”.

Grazie Pietro a nome di tutti i procidani.

“Per capire l’anima di Procida, Proceta in napoletano, bisogna partire da una banalità: l’isola si trova nel Golfo di Napoli, vale a dire uno dei luoghi più belli della Terra. Sono grato al Padreterno per avermi fatto nascere a pochi centinaia di chilometri dal golfo e dalle isole Flegree. Non mi metterò qui a spercare spazio per decantare Capri e Ischia. Molti lettori le conoscono meglio di me. Ma Procida è diversa, ha una bellezza tutta da scoprire, particolare, forestica, insolita.
E’ innanzitutto un isola selvatica, e i suoi abitanti sono selvatici. Loro si autodefiniscono , con chirurgica e impietosa precisione di linguaggio, strudici, che vuol dire esattamente quello che pensate: scontrosi e salvatici. Sr chiedete a chi l’isola la conosce bene, vi dirà che è colpa dell’antica fame, che spingeva gli uomini ad imbarcarsi come marittimi nelle piattaforme intercontinentali: un lavoro duro che durava mesi e che pochi avevano voglia di fare. Di conseguenza l’isola si spopolava per lughi periodi dei giovani maschi e le donne restavano “vedove bianche”. Non meraviglia che i turisti non siano mai visti di buon occhio. Vero? Falso ? Nessuno può dirlo con certezza.
Quello che posso dirvi senza paura di sbagliare è che da smpre Procida è una colonia francese ( a differenza di Capri e Ischia) scoperta dal popolo transalpino grazie a Lamartine, e da allora mai più abbandonata. L’anno scorso, a villeggiare in una casa della Chiaiolella, c’erano anche l’Ambasciatore di Francia  e sua moglie. Pochi turisti per caso, dunque, ma in compenso una piccola colonia di raffinati intellettuali amanti di Procida che risale agli anni Cinquanta: il critico d’arte Cesare Brandi, Alberto Moravia, Elsa Morante. Quale è “L’isola di Arturo” se non Procida? Scrive la Morante nel suo libro: “Io non chiederei di essere un gabbiano o un delfino, mi accontenterei di essere uno scorfano, che il pesce più brutto del mare, pur di ritrovarmi a scherzare laggiù in quelle acque”.
Due ultime annotazioni, altrimenti mi parrebbe di aver defraudato il lettore. Non dimenticate, se decidete di prolungare l’Estate a Procida, di assaggiare il limone locale: unico al mondo, potete mangarlo anche a morsi. E di gustare la pescatora povera, che non si trova altrove: spaghetti al dente, peperoncini verdi tagliati fini e alici fritte. Mi ringrazierete”.

2 commenti su “Procida: la mia isola felice, di Pietro Calabrese”
  1. Mi meraviglia,

    che una persona della cultura di Pietro Calabrese, scriva queste cose…

    Prima si documenti, legga Procida Marinara di Sergio Zazzera, poi legga la rivoluzione napoletana del 1799 e poi potra’ descrivere i procidani… la cui storia e’ tuttaltra cosa…..

  2. Peccato che non posa più farlo…visto che ci ha lasciato e non mi sembra questo il modo migliore per rendergli onore. 🙁
    Ciao Pietro ovunque tu sia resterai nei nostri cuori…

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