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TGPROCIDA

Raccontare il presente, capire il futuro

Ora si pensi a più ristoranti, stabilimenti balneari e taxi

DiRedazione Procida

Feb 4, 2022

Serve affinare i processi, per guardare meglio al futuro. Serve un meccanismo di accoglienza migliore

Vincenzo Capezzuto Jr – In queste belle giornate di mezzo inverno osservando il nostro territorio mi rendo sempre più conto che tutte le belle parole predicate per decenni sono ormai realtà. Procida Capitale, almeno per me, è solo lo splendido tassello finale di un lungo processo di trasformazione socioeconomica volutamente cominciata negli anni ’80 e casualmente spinta in maniera significativa dal “Postino” di Troisi. Da allora abbiamo preso consapevolezza di due cose: la prima che vivevamo in un luogo magico benedetto da Dio e la seconda che il turismo fino allora vissuto o meglio subito non era l’unica forma praticabile.

Negli ultimi 25 anni in maniera diretta siamo stati allo stesso tempo protagonisti e spettatori di processi epocali che hanno cambiato il modo di viaggiare e, per quanto ci riguarda, abbiamo scoperto da procidani di non essere luogo solo “per il bagno” bensì un luogo dove l’elemento Mare resta la base del tutto ma non è più il solo a determinare la scelta di chi appunto decide di conoscere Procida. Ecco spiegato perché negli ultimi anni per nostra fortuna abbiamo più che raddoppiato il periodo di presenza turistica sul territorio dimenticando, si spera per sempre, il tanto citato “San Raimondo” che metteva fine, nelle menti di qualcuno, all’invasione barbarica e ci restituiva il “piacere” della nostra depressione invernale.

Detto questo al di là degli eventi che attrarranno i vari appassionati e al di là del significativo aumento delle corse che porteranno ancor più un problematico turismo pendolare io credo che quest’anno non faremo altro che seguire la tendenza già ben forte in fase Pre-Covid di aumento esponenziale del turismo sull’isola. Mi fanno pensare però alcuni fenomeni. Il primo è constatare come il 90% degli investimenti privati siano tutti in un’unica direzione ossia hotel, b&b, casa vacanze ecc. Da un lato questo fato contribuisce, finalmente, ad alzare l’offerta qualificata degli immobili proposti, ma dall’altro non si trova un’adeguata corrispondenza in termini di disponibilità numerica nei tre principali servizi richiesti dai turisti alloggiati: ristoranti, stabilimenti balneari e servizio taxi.

Come qualunque mio collega potrà confermare diventa sempre più complicato, specie dei tre mesi di alta stagione, trovare facile disponibilità di questi tre servizi nonostante lo sforzo disumano dei rispettivi gestori. Un’altra problematica, invece, riguarda la crescente difficoltà, testimoniata dai diversi annunci presenti sui social, di tutti gli operatori a trovare personale adeguato o quanto meno disponibile che testimonia come ci sia ancora tanta strada da percorrere per creare una vera e solida economica turistica basata sulla professionalità e non più sulla simpatica ma non più percorribile “adattabilità”.  Non sono tra quelli che pensano che dopo quest’anno i numeri torneranno bassi come un tempo. Anzi. Credo che Procida sia definitivamente lanciata nel panorama turistico mondiale e nulla sarà più come prima.

Spetta a noi, però, SCEGLIERE cosa essere. Ma soprattutto partendo da una certezza: non possiamo essere PER TUTTI, perché la nostra isola ha dei limiti strutturali. La scelta della “terza via”, a forte connotazione culturale, nel Golfo, va benissimo ma bisogna dargli coerentemente seguito, al di là dei magnifici eventi che sicuramente ospiteremo, con scelte nette in chiave di vivibilità, decoro, mobilità. Il proliferare delle piccole strutture ricettive è un bene, come detto, ma la ricettività cresce in ordine sparso e, essendo gestita dai grandi aggregatori OTA (come Airbnb, ma soprattutto Booking) consegna la commercializzazione del prodotto turistico isolano, nei fatti, ad un ALGORITMO. Il vantaggio, da parte di piccole strutture, di appoggiarsi su questi canali di commercializzazione è innegabile. Ma credo che anche su questo tema una riflessione vada fatta. In una fase di maggiore maturazione e consolidamento dei flussi sull’isola, non sarebbe il caso di trovar sistemi autonomi, e più mirati, per agire sul mercato? Ciò anche al fine di orientare, e magari, scegliere tra i flussi di domanda.

Per spiegarmi meglio faccio un esempio. Il turismo francese (che costituisce un segmento importante nel turismo isolano) sembra connaturato e funzionale al modello di turismo culturale che si va proponendo. Viceversa, il turismo di prossimità continua a vedere Procida come nel passato: cioè la “cenerentola” tra Ischia e Capri. Non potremmo operare una strategia commerciale funzionale ad una scelta del target più funzionale?

Il brand che ci siamo dati di isola della cultura non potrà mai convivere con una massificazione del turismo che potrebbe snaturare il territorio, col rischio di creare ulteriore malcontento nella popolazione che di turismo non vive e ancor più rendere non più proficui i numerosi investimenti anche dai privati effettuati.

Serve affinare i processi, per guardare meglio al futuro. Serve un meccanismo di accoglienza migliore. Servono maggiori e più accessibili posti di balneazione (e come detto, più coperti al ristorante). Serve rivitalizzare (anche con nuovi investimenti) alcune zone “periferiche” non ancora valorizzate.

Ma serve, soprattutto, mettere pazienza, amore e passione a fare della nostra isola un luogo di accoglienza e di trasmissione dei valori dell’ospitalità, ma anche del rispetto delle nostre tradizioni e della nostra identità.

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