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LE CARETTA CARETTA AMANO IL NOSTRO MARE. A dirlo è un nuovo studio condotto per 8 anni, dal 2008 al 2016, dall’Università di Pisa

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Feb 1, 2018

Redazione | Da sempre sono la cartina tornasole sulla salute del nostro mare. La morte di alcuni esemplari di mesi fa e i ritrovamenti sulle spiagge delle isole del golfo e sul litorale flegreo, fece letteralmente sobbalzare gli studiosi e ricercatori delle testuggini. Se per le cause della morte, nel variopinto universo delle probabilità – tra metalli pesanti, frammenti di plastiche e incidenti dovuti all’imperizia dell’uomo – si è detto tanto e scritto tanto, uno studio condotto dal 2008 al 2016, da un’equipe di etologi dell’Università di Pisa – ha monitorato gli spostamenti nel Mediterraneo di otto tartarughe comuni (Caretta caretta) per capire preferenze e abitudini di questa specie. E così ha scoperto che Crudelia, Obelix, Olivia e Honolulu (questi i nomi di alcuni esemplari) amano nuotare soprattutto nel golfo di Napoli, ma spaziano anche nell’area compresa tra la Campania, la Calabria e la Sicilia e se possono soggiornano volentieri nelle immediate vicinanze delle ‘seamounts’, cioè le montagne sottomarine la cui sommità può arrivare a poche centinaia o decine di metri dalla superficie. 
La ricerca, finanziata dall’Università di Pisa con i fondi Pra, dalla Regione Toscana e dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli e condotta in collaborazione con il Centro per la conservazione delle tartarughe marine di Grosseto, è stata appena pubblicata sulla rivista scientifica “Marine Biology” ed è uno dei pochi studi che fornisce informazioni dirette sull’ecologia e i movimenti delle tartarughe comuni nei mari a ovest della nostra penisola.
“L’identificazione di una zona marina utilizzata preferenzialmente dalle tartarughe comuni giovani, fornisce informazioni utili non solo per migliorare la conoscenza scientifica di fasi poco conosciute del ciclo di questa specie – spiega il professor Paolo Luschi dell’Ateneo pisano – ma anche per suggerire possibili misure di conservazione e tutela nella stessa area, ad esempio attraverso la diffusione di informazioni tra i pescatori sul tipo di reti e ami da impiegare per la pesca”.
Per ricostruire i movimenti delle otto tartarughe i ricercatori hanno applicato delle piccole trasmittenti sul carapace di ogni esemplare e utilizzato tecniche di telemetria satellitare tramite Argos, un sistema franco-americano di rilevazione a distanza della posizione degli animali, che si avvale di satelliti posti in orbita polare. Le tartarughe protagoniste della ricerca, tutte di taglia medio grande (con un carapace lungo più di 60 cm) e quindi in fase giovanile avanzata, erano state catturate accidentalmente, soprattutto da pescatori, e riabilitate in centri di recupero in Toscana e Campania. 
Dopo il rilascio, avvenuto vicino alle rispettive località di cattura, hanno raggiunto con movimenti veloci e diretti l’area marina compresa tra la Sicilia, la Sardegna e la costa occidentale della penisola Italiana, nella quale sono rimaste per l’intero periodo di osservazione.
“E’ di rilievo – conclude Luschi – il fatto che gli individui studiati, che erano rimasti in riabilitazione nei centri di recupero per vari mesi prima del rilascio, non abbiano mostrato alcuna evidente alterazione del loro comportamento a seguito del periodo di degenza”

Ricordiamo che a tartaruga marina Caretta caretta è la specie più comune del Mediterraneo ma anche la più soggetta ai pericoli costituiti dalle eliche delle imbarcazioni, dalle reti abbandonate in mare che continuano “a pescare”, da lenze e ami fluttuanti e sui fondali, e soprattutto dalle plastiche galleggianti che questi rettili scambiano per meduse e altri organismi di cui si nutrono, soffocandosi. Per questo la Caretta caretta è inserita tra le specie vulnerabili nella lista rossa dell’IUCN delle specie protette.
Le tartarughe marine sono diffuse in tutto il Mediterraneo che attraversano in lungo e in largo per alimentarsi e per tornare ogni anno, nel caso delle femmine, sulle spiagge dove depongono le uova. In Italia i siti di nidificazione sono ormai molto limitati a causa dal disturbo umano causato dalle attività costiere e dal turismo di massa. 

1 commento su “LE CARETTA CARETTA AMANO IL NOSTRO MARE. A dirlo è un nuovo studio condotto per 8 anni, dal 2008 al 2016, dall’Università di Pisa”
  1. Povere tartarughe hanno scelto proprio male….nessuno le ha avvertite che I depuratori del golfo sono tutti fuori servizio….il porto di Napoli e’ una cloaca a cielo aperto….peggio del fiume Gange…d’estate il cattivo odore diventa insorpottabile….e dire che ci pescano pure…. e raccolgno molluschi che poi vengono somministrati nel famoso spaghetto a vongole vanto della napoletanità…..ma per favore spendete I vostri soldi nei paesi civili dove le cose funzionano per davvero…..onde poter raccontare che l’europa esiste solo sulla carta sia geograficamente ma soprattutto geneticamente….Saluti a tutti

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